Dunque può
succedere, ad un certo punto, che un familiare si ritrova a ricoprire contemporaneamente
una serie di ruoli appresi spesso unicamente dalla propria esperienza diretta.
Ed il più
delle volte sono ruoli che richiedono una notevole competenza e destrezza.
Da quelli più
“meccanici” come la somministrazione di farmaci, nutrizione ed idratazione
artificiali, a quelli maggiormente
complessi come l’aspirazione nasotracheale, la ventilazione manuale, i cateterismi
ecc.
Insomma tutto ciò che riguarda generalmente il mansionario infermieristico,
senza snobbare anche compiti puramente medici come quelli di primo soccorso
durante crisi epilettiche, respiratorie, emorragiche ed altro.
Ma è
riduttivo ritenere che il ruolo ricoperto sia unicamente sanitario: sin dall’inizio
la maggioranza dei familiari impara ad attivare con la persona di cui hanno cura competenze elettivamente
riabilitative, sia fisioterapiche che cognitivo comportamentali. Funzioni indispensabili
non soltanto per la sopravvivenza del loro congiunto ma, soprattutto per la sua
qualità di vita.
Non è finita
qua.
Ad un
supereroe che si rispetti non possono mancare degli aspetti apparentemente meno
importanti ma preminenti nel contesto di sopravvivenza di una persona con
disabilità molto grave: il rapporto con le istituzioni.
Tutto questo riguarda solo una parte del compito richiesto al family caregiver: spesso questo silenzioso supereroe dovrà anche assumersi un funzionale ruolo lavorativo per supportare le gravose esigenze economiche fronteggiate in ogni condizione di disabiltà, senza tralasciare il ruolo che da famigliare ricopre con il resto della famiglia, dove frequentemente sono presenti altre impellenti fragilità ( bambini, adolescenti ed anziani…)
All’estero, il ruolo di “cura invisibile” dei familiari è molto studiato, riconosciuto e supportato.
Diverse sono le ricerche in merito alla condizione di queste persone.
Nei numerosi studi scientifici in merito, l’ultimo rileva l’alta incidenza del rischio d’infartodei family caregiver, viene evidenziato come il contesto di preminente cura di un familiare con grave disabilità predispone a condizioni di stress cronico che:
- Incidono nel sistema immunitario del caregiver per fino a tre anni dopo la fine della stessa esperienza di cura.
- Tra il 40 e il 70 per cento delle assistenti familiari hanno sintomi clinicamente significativi di depressione (BURDEN) con circa un quarto dei quali è diagnosticabile come aventi la depressione maggiore
- E’ stato dimostrato che l'aspettativa di vita del family caregiver è inferiore dai 9 ai 17 anni in meno della media.
- Il settanta per cento dei family caregiver trascurano la loro salute fino a riportare essi stessi condizioni invalidanti.
- In media il family caregiver fornisce dalle 40 alle 84 ore in media di assistenza alla settimana, l'equivalente di più di due lavori a tempo pieno. Con la conseguente perdita o riduzione di una propria attività lavorativa retribuita.
Volevo segnalarvi questo filmato su Youtube dove Elizabeth Blackburn spiega perchè i Caregivers hanno speranze di vita dai 9 ai 17 anni in meno degli altri. E' tutto da vedere ma dal minuto 27.54 il cartello alle spalle della ricercatrice è illuminante. E' possibile avere i sottotitoli in italiano cliccando su "sottotitoli" (in basso a destra) e poi selezionando la lingua
RispondiEliminahttp://www.youtube.com/watch?v=-lNR1xZS5GY&feature=relmfu
Grazie!!!! Un contributo prezioso! Entro stasera lo metterò on line in modo che sia visibile a tutti. Per ragioni logistiche il blog è stato trasferito, vieni a trovarci in questo nuovo indirizzo :) http://la-cura-invisibile.blogspot.it/
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